
Descrizione
L’intolleranza al lattosio, generalmente ereditaria e molto diffusa in Asia e in alcune regioni dell’America; in Europa, è più frequente nelle aree mediterranee, tra cui l’Italia e meno nel Nord, si manifesta con la comparsa di disturbi al consumo di latticini, per l'incapacità dell'organismo di digerire correttamente lo zucchero lattosio contenuto nel latte.
Prima di essere assorbito e utilizzato dall’organismo il lattosio deve essere scomposto nelle sue componenti, il glucosio e il galattosio. Per effettuare questa operazione è necessario un enzima chiamato lattasi. Se non vengono prodotte sufficienti quantità di lattasi una parte del lattosio può non essere digerito. Una scarsa produzione di lattasi non implica necessariamente l’intolleranza al lattosio. Pertanto, questa intolleranza può essere ridotta attraverso la graduale reintroduzione nella dieta dei cibi contenti lattosio.
I sintomi sono: meteorismo, distensione e dolori addominali, crampi, diarrea.
Esistono tre forme di intolleranza: primaria, secondaria e congenita:
1) La forma primaria è generata dal deficit di produzione della lattasi. Si può manifestare nel bambino intorno ai due anni o in età adulta, dovuta alla riduzione progressiva della produzione di questo enzima.
2) La forma acquisita o secondaria è scatenata da altre patologie acute (infiammazioni e infezioni: salmonellosi, colera, enteriti acute) o croniche intestinali (celiachia, morbo di Crohn, linfomi, enteriti attiniche, sindrome dell’intestino irritabile) o dal trattamento con antibiotici o chemioterapici. Si tratta di una forma transitoria che regredisce quando si guarisce dalla malattia responsabile.
3) La forma genetica si manifesta sin dalla nascita con l’incapacità permanente di produrre la lattasi e non può regredire.
Il mancato assorbimento del lattosio e la sua permanenza nell’intestino infatti promuovono da una parte la fermentazione del lattosio ad opera della flora batterica intestinale con la produzione di gas, dall’altra il richiamo di acqua e diarrea.
I sintomi si manifestano al massimo dopo qualche ora dall’ingestione di cibi contenenti lattosio e la loro intensità è proporzionale alla quantità di lattosio assunta.
L’esame diagnostico più diffuso per accertare l’intolleranza al lattosio è il test del respiro o breath test, un esame non invasivo che consiste nell’analisi dell’aria espirata dal soggetto prima e dopo la somministrazione di una dose di lattosio. Nel momento in cui lo zucchero del latte non viene digerito e inizia a fermentare, infatti, si ha un’iper-produzione di idrogeno: se il test rivela che l’aria espirata è eccessivamente ricca di questo gas, significa che è presente l’intolleranza.
Il trattamento dietetico da utilizzare, efficace e di notevole importanza come terapia, prevede l’assunzione degli alimenti che contengono lattosio secondo il grado di tolleranza individuale che viene stabilito aggiungendo gradualmente piccole quantità di lattosio ad una dieta che ne è priva. Piccoli quantitativi di lattosio, entro i limiti tollerati dall’individuo, infatti, possono essere assunti in numerose occasioni durante la giornata.
Sono tollerati gli yogurt poiché i batteri in esso contenuti digeriscono parte del lattosio e i formaggi stagionati perché una buona parte del lattosio è scissa durante il processo di fermentazione. L’assunzione di lattosio insieme a cibi solidi, quindi all’interno di un pasto ben strutturato può favorirne la digeribilità poiché l’alimento solido rallentando i movimenti intestinali, aumenta il tempo di contatto tra la lattasi intestinale “residua” e il lattosio. In commercio sono disponibili speciali alimenti poveri in lattosio come latti, gelati e formaggi freschi.